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Non vendiamo abbigliamento: condividiamo emozioni. Nel blog Flying Legends trovate storie e leggende dell'Aviazione, curiosità, avvenimenti oltre a novità e aggiornamenti sulla nostra produzione. Benvenuti a bordo!

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Flying Legends

Il raid Roma-Tokyo del 1920

Il 14 febbraio del 1920, con il decollo alle ore 11.00 dall'aeroporto di Roma Centocelle su due biplani SVA 9 pilotati da Arturo Ferrarin e Guido Masiero con i motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto, inizia quello che sarà ricordato negli anni come il “Raid Roma-Tokyo", raid concluso in volo dal solo equipaggio Ferrarin/Cappannini con l’arrivo presso la capitale giapponese il 31 maggio 1920 dopo un percorso di oltre 18.000 km in 112 ore di volo.

Il Tenente Arturo Ferrarin ed il motorista Gino Cappannini posano davanti ad uno degli SVA 9 che saranno impiegati per il Raid Roma-Tokyo. La foto è autografata dallo stesso Ferrarin. (Foto per gentile concessione Fondazione Ansaldo)
Il Tenente Arturo Ferrarin ed il motorista Gino Cappannini posano davanti ad uno degli SVA 9 che saranno impiegati per il Raid Roma-Tokyo. La foto è autografata dallo stesso Ferrarin. (Foto per gentile concessione Fondazione Ansaldo)

Abbiamo realizzato una polo speciale Flying Legends per celebrare questa grande impresa aviatoria degli anni pionieristici dell'Aviazione italiana. Scopri di più >>>qui.




L’idea dell’impresa nasce nel 1919 dalla mente vulcanica di Gabriele D’annunzio e del suo amico poeta giapponese Harukichi Shimoi, trasferitosi in Italia nel 1917. La prima idea prevede l’utilizzo di cinque biplani SVA biposto, uno dei quali con D’annunzio come passeggero ed il fido capitano Palli ai comandi. Purtroppo, Natale Palli muore assiderato durante una traversata delle Alpi il 23 marzo 1919 e, complice l’insofferenza di D’Annunzio per le lungaggini del Governo, alla fine il Poeta rinuncia di fatto all’impresa la cui organizzazione passa quindi alla Direzione Generale d'Aeronautica, allora branca del Ministero dei Trasporti, che cura gli affari della nascente aviazione civile e si occupa delle missioni commerciali aeronautiche all'estero.

Un giovane Arturo Ferrarin pilota istruttore posa nel 1917 davanti ad un SAML S.1.
Un giovane Arturo Ferrarin pilota istruttore posa nel 1917 davanti ad un SAML S.1.

Il percorso prevede la partenza da Roma e tappe a Gioia del Colle, Valona, Salonicco, Smirne, Aydin, Adalia, Aleppo, Baghdad, Bassora, Bushehr, Bandar Abbas, Chabahar, Karachi, Hyderabad, Delhi, Allahabad, Calcutta, Akyab, Rangoon, Ubon, Hanoi, Macao, Canton, Foochow, Shangai, Tsingtao, Pechino, Kow Pangtzu, Sinuiju, Seul, Daegu, Osaka e finalmente Tokyo. 

Gino Cappannini e Arturo Ferrarin sul loro SVA 9; negli aerei concepiti per l’addestramento il pilota sedeva dietro. Da notare il pesante abbigliamento dei due.
Gino Cappannini e Arturo Ferrarin sul loro SVA 9; negli aerei concepiti per l’addestramento il pilota sedeva dietro. Da notare il pesante abbigliamento dei due.

La cifra stanziata per la realizzazione è di 20.800.000 Lire, considerata scandalosa per l’epoca, che prevede l’acquisto di undici biposto SVA “Super Vienna”, due Caproni Ca.3, due Caproni Ca.5 ed un Caproni Ca.4 triplano. Nella cifra prevista sono compresi 60 motori di ricambio, l'attrezzatura ed il materiale di riserva, la spesa per il personale addetto al Raid, l’impianto di campi d'atterraggio nuovi ed adattamento di campi preesistenti, il carburante per gli aerei ed il trasporto del medesimo fino alle località sedi delle tappe ed infine del noleggio di due piroscafi per il trasporto dei materiali. Dopo l’eliminazione di uno dei due Ca.5, il raid è rimodulato per essere effettuato da cinque SVA e dai quattro Caproni rimanenti. Altri quattro SVA vengono dislocati lungo il percorso come aerei di riserva ed i due rimanenti sono utilizzati come “staffette” o “apripista”. Le staffette scelte sono gli equipaggi di Ferrarin e Masiero, gli unici che alla fine raggiungeranno Tokyo anche se non previsto dalla pianificazione del raid.

Il piano prevede di far decollare prima i quattro Caproni, più lenti degli SVA, in modo da far giungere unita a Tokyo l’intera squadriglia. Le due staffette devono decollare in seguito, con l’intento di fare da apripista agli altri, controllando le rotte e lo stato dei campi di atterraggio lungo il percorso e fermandosi infine a Calcutta.

Aeroporto di Roma Centocelle: i cinque SVA 9 “Super Vienna” che avrebbero dovuto raggiungere ufficialmente Tokyo. Se la numerazione in fusoliera segue la gerarchia dei cinque equipaggi, il 13179 è di Gordesco-Grassa mentre il 13197 è di Re-Alberini.
Aeroporto di Roma Centocelle: i cinque SVA 9 “Super Vienna” che avrebbero dovuto raggiungere ufficialmente Tokyo. Se la numerazione in fusoliera segue la gerarchia dei cinque equipaggi, il 13179 è di Gordesco-Grassa mentre il 13197 è di Re-Alberini.

Il primo Caproni decolla l’8 gennaio con il compito di apripista per i trimotori. È quello che andrà più lontano, fermandosi in avaria nel deserto tra Aleppo e Baghdad; gli altri tre non vanno più lontani della Turchia. Il 14 febbraio decollano le due staffette che, per una serie di problemi tecnici ed incidenti, non dispongono degli aerei nuovi inizialmente previsti ma devono ripiegare su normali SVA 9. Dagli hangar di Centocelle Ferrarin e Cappannini prelevano gli SVA 12849 e 13157. I due aerei hanno già un notevole numero di ore di volo, come appunta Arturo Ferrarin: “Il mio aereo era vecchio e malandato. L'originale motore da 220hp era stato sostituito con uno a compressione ridotta, che non sviluppava più di 180hp. Ciò era stato ottenuto col semplice espediente di collocare uno spessore tra il basamento del carter ed i cilindri. La regolarità di funzionamento era stata così aumentata, ma i decolli, a potenza ridotta, apparivano più rischiosi. Inoltre, i serbatoi dell'aeroplano non potevano portare più di 330 litri di benzina, invece dei 440 dei modelli più moderni, per cui la normale autonomia dello SVA ne risultava ridotta da dieci ore e mezza a sole otto. Per di più l'aeroplano, per uno svergolamento della cellula, pendeva a destra. Bisognava dunque pilotarlo tenendo costantemente la cloche poggiata sulla sinistra, per compensare questo difetto. Ciò feci tenendola agganciata con un elastico alla parete di sinistra dell'abitacolo per tutta la durata del volo”.

Masiero e Ferrarin prima della partenza si fanno ritrarre con la mascotte di Masiero.
Masiero e Ferrarin prima della partenza si fanno ritrarre con la mascotte di Masiero.

L’11 marzo infine decolla da Centocelle la pattuglia dei cinque SVA “ufficiali”; anche per loro la sorte è avversa e tra guasti e incidenti tutti sono costretti alla rinuncia anticipata dell’impresa. L’avventura della pattuglia si conclude con la tragedia avvenuta a Bushehr, nel Golfo Persico, quando lo SVA di Gordesco e Grassa, in atterraggio lungo e dopo un tentativo di ripresa di quota, va a sbattere contro l’edificio dell’ambasciata francese. Lo SVA prende fuoco non lasciando scampo ai due occupanti. A Gordesco, comandante della pattuglia SVA, viene successivamente intitolato l’aeroporto di Furbara.

Le due staffette dovrebbero volare assieme per tutto il percorso, ma ciò non sempre è possibile. Nel tragitto tra Salonicco e Smirne l’aereo di Masiero ha problemi di surriscaldamento del motore ed il 17 febbraio effettua un atterraggio d’emergenza in un acquitrino nei pressi del fiume Meandro. Ferrarin atterra per prestargli soccorso. A pochi chilometri da loro greci e turchi combattono, un aereo biposto greco riconosce dall’alto le coccarde italiane ed atterra per aiutarli. Grazie all'aiuto degli aviatori greci, gli aviatori italiani riescono a decollare nuovamente verso Smirne. Da qui ripartono il 19 febbraio per Adalia, dove scoppia per congelamento dell'acqua il radiatore dell'aereo di Masiero e Ferrarin decide di proseguire il viaggio da solo mentre Masiero attende le necessarie riparazioni. Da Baghdad fino a Calcutta tutti i punti di atterraggio sono in mano agli inglesi, in territori però dove la popolazione locale cerca di liberarsi dall’occupante. Spesso Ferrarin e Cappannini volano molto alto o molto basso per evitare le scariche di fucileria da terra.

Ferrarin e Cappannini, a destra, in posa davanti al loro SVA 9 col motore scoperto in una splendida foto.
Ferrarin e Cappannini, a destra, in posa davanti al loro SVA 9 col motore scoperto in una splendida foto.

A Bassora Ferrarin attende Masiero per due giorni ma poi per paura dell’arrivo della stagione delle piogge riprende il suo viaggio verso Bushehr, poi a Bandar Abbas e poi a Ciaubar, in Pakistan. Il clima si è tramutato in un caldo violentissimo a causa del monsone. Da Ciaubar si riparte il 1° marzo in mezzo ad una furiosa tempesta di sabbia. Poco dopo il motore comincia a dare segni di cattivo funzionamento, alla fine Ferrarin è costretto all’atterraggio in mezzo alla tempesta. Mentre si accingono a riparare il motore, vengono assaliti da indigeni armati che li sequestrano per alcune ore. La fortuna però arriva a dare una mano, vengono scambiati per bulgari, alleati dei tedeschi dai quali avevano ricevuto armi durante il conflitto, riescono così a riparare il motore ed a ripartire. A Karachi gli aviatori si concedono un po' di riposo ed hanno la sorpresa di trovare Masiero e Maretto che con un solo volo di 1.100 km da Bandar Abbas li hanno sorpassati di qualche ora. Ripartono assieme per Hyderabad proseguendo poi per Delhi; in decollo da Delhi Masiero distrugge il suo SVA. Ferrarin invece arriva a Calcutta con l’aereo ormai allo stremo. Qua ci sono tre nuovi SVA ad attenderli, mentre Masiero e Maretto arrivano nella città indiana a bordo di un treno. Da Calcutta gli equipaggi sono pronti a ripartire per proseguire il Raid, ma arriva l’ordine da Roma: attendere la squadriglia dei cinque SVA partiti da Centocelle quello stesso giorno, l’11 marzo. Ferrarin e Masiero aspettano invano fino al 31 marzo, poi ripartono senza autorizzazione verso Akyab, in Birmania, e poi a Rangoon. In fase di atterraggio il tubo dell'acqua del radiatore dell'aereo di Ferrarin esplode e il motore grippa costringendo il pilota ad un atterraggio planato in un ippodromo. Masiero prosegue il volo mentre Ferrarin attende 12 giorni prima che arrivi e venga montato il motore nuovo. Il 14 aprile riesce a decollare per Bangkok dove arriva mentre si scatena un temporale violentissimo. Nuova partenza per Hanoi con tappa intermedia ad Ubon, campo di fortuna ricavato in mezzo alla giungla e presidiato da un gruppo di soldati italiani. Gli aviatori pernottano su di un carretto, mentre le belve sono tenute lontane da grandi fuochi accesi intorno al campo.

I due aerei schierati a Canton, una delle tappe dove Ferrarin, Cappannini, Masiero e Maretto si ritrovano. In tutte le tappe in Estremo Oriente i 4 aviatori ricevono sempre grandi onori.
I due aerei schierati a Canton, una delle tappe dove Ferrarin, Cappannini, Masiero e Maretto si ritrovano. In tutte le tappe in Estremo Oriente i 4 aviatori ricevono sempre grandi onori.

Ad Hanoi Ferrarin e Masiero si riuniscono, primi aviatori giunti in volo in Indocina, e vengono accolti con festeggiamenti e pranzi di gala. Ferrarin è impaziente di riprendere il volo ed il 21 aprile, sotto l'imperversare di una fitta pioggia, decolla per Canton dove però non riesce a giungere in giornata e al calar della notte è costretto ad atterrare su una spiaggia. La mattina seguente le ali dell'aereo sono gonfie di acqua penetrata durante la notte, Cappannini effettua dei piccoli buchi nella tela per svuotarle. Partenza ed arrivo a Canton sotto la pioggia, il campo di atterraggio è allagato e Ferrarin gira intorno alla città mentre la benzina sta esaurendosi. Alla fine, compie un atterraggio rischiosissimo in una piazza della città, tra la folla. A Canton grandi onorificenze per tutti, anche per Masiero che è arrivato il giorno prima. Al momento del nuovo decollo ci si rende conto che la pista fangosa rallenta gli aerei e viene infine scelto il pendio di una collinetta, sul quale sono portati i due SVA. La distanza è brevissima, per cui Cappannini e Maretto scaricano gli aerei di tutto il superfluo. Decolla Ferrarin e riesce per miracolo ad alzarsi sfiorando gli alberi che circondano la collina; Masiero invece fallisce e sfascia il suo secondo SVA. Ferrarin nelle due tappe previste raggiunge Shangai, mentre Masiero vi arriva in piroscafo alcuni giorni più tardi. A Shangai è stoccato l’ultimo SVA di riserva, che permette a Masiero e Maretto di concludere in volo l’ultima parte del Raid.

In decollo da Canton Masiero letteralmente distrugge il suo SVA 9. Lui ed il motorista Maretto escono miracolosamente illesi da questo grave incidente. Da qui a Shangai i due viaggeranno in vaporetto.
In decollo da Canton Masiero letteralmente distrugge il suo SVA 9. Lui ed il motorista Maretto escono miracolosamente illesi da questo grave incidente. Da qui a Shangai i due viaggeranno in vaporetto.

Ferrarin giunge a Pechino il 18 maggio dove viene celebrato come un nuovo Marco Polo e viene decorato con l’Ordine della Tigre, la più grande onorificenza cinese. Il Raid assume toni trionfali, ad ogni atterraggio Ferrarin e Cappannini trovano folle in festa e banchetti ufficiali ad attenderli. A Seul Ferrarin e Masiero si ritrovano e si preparano per l’ultimo balzo verso il Giappone. Navi militari giapponesi vengono dislocate per guidare visivamente i due equipaggi, ma il maltempo ne impedisce la visione. Ferrarin per primo scorge Osaka ed i due SVA atterrano nella piazza d’armi della grande città industriale il 30 maggio 1920. Una folla enorme li attende assieme ad alti dignitari, autorità politiche, ufficiali e diplomatici. Bandierine dei due paesi sventolano e la folla circonda i due aerei. Il giorno seguente Masiero arriva a Tokyo alle 13.30, un’ora prima di Ferrarin, dopo 450 km di volo.

Foto ufficiale dopo l’arrivo a Tokyo: in piedi ci sono i motoristi Maretto e Cappannini, seduti i due piloti Masiero e Ferrarin.
Foto ufficiale dopo l’arrivo a Tokyo: in piedi ci sono i motoristi Maretto e Cappannini, seduti i due piloti Masiero e Ferrarin.

La folla che li attende stavolta è enorme, più di 200.000 persone; il Giappone decreta 40 giorni di festeggiamenti e il Principe Reale Hirohito li riceve donando personalmente due spade da Samurai in oro ai piloti.

Ferrarin e Masiero dopo l’arrivo a Tokyo.
Ferrarin e Masiero dopo l’arrivo a Tokyo.

(Estratto dall'articolo "Roma Tokyo - cento anni fa l'impresa di Arturo Ferrarin", R. Andervill, Aerofan nr. 12, nov./dic. 2020. Disponibile >>>qui)




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